Mi pare che la politica italiana stia vivendo il tempo delle “piccole cose”: terminato (ahimè ingloriosamente) il tempo delle grandi rivoluzioni, dei cambiamenti radicali della forma dello Stato (principalmente a seguito della mancata riforma costituzionale) non resta che spostare l’attenzione sulle cose più modeste e feriali.
Dopo le grandi attraversate oceaniche, è giunto il tempo del piccolo cabotaggio, della navigazione a fil di costa, senza troppe ambizioni o pretese. Non che questo sia meno importante del primo, intendiamoci: chiunque possieda una casa sa che, accanto ai lavori straordinari (il rifacimento del tetto, dei pavimenti, la sostituzione degli infissi e gli interventi di miglioramento energetico), ci sono tante piccole manutenzioni che, alla fine, risultano altrettanto importanti: il cambio di una guarnizione, il rubinetto che perde, la zanzariera rotta, la porta che cigola e la lista, almeno in casa mia, potrebbe continuare per giorni…
È un po’ un cambio di paradigma: dal grande al piccolo, dalla prospettiva al dettaglio, dal meccanismo alla singola rotella; un lavoro di “fine tuning”, come dicono gli inglesi, fondamentale per ogni organizzazione.
Da dove partire, per questa navigazione di medio raggio?
Ci si potrebbe occupare, forse, di quella piccola burocrazia, che ognuno di noi sperimenta tutti i giorni. Basta entrare in una scuola, in un ospedale o in un qualunque ufficio pubblico per rendersi conto che i grandi progetti, per poter far “presa” sulla realtà, devono confrontarsi con un’organizzazione ed un apparato che sono sempre molto refrattari ai cambiamenti, che digeriscono sempre a fatica le innovazioni, gli efficientamenti e le migliorie.
È un pezzo del nostro stato (quello più “basso” e, in quanto tale, più vicino alla vita dei cittadini) che fatica ad essere gestito, poichè, nel tempo, ha subito sedimentazioni progressive di inefficienze, corporativismi, lassismi professionali ed incapacità organizzative che lo rendono un corpo magmatico e difficilmente aggredibile. Perché non partire da lì? Da cose semplici, dalle procedure amministrative, dall’organizzazione degli uffici, dallo snellimento dei processi decisionali, dalla riduzione delle spese inutili, dalla semplificazione degli apparati elefantiaci ecc. ecc.?
Anche perché quando il vento del cambiamento tornerà a soffiare, se non avremo nel frattempo, rappezzato le vele e sistemato la chiglia, difficilmente la nave riprenderà la sua rotta. Senza questa verifica dei “penumatici”, la macchina delle istituzioni, benché dotata di un motore e di accessori nuovi di zecca, difficilmente farà presa sul terreno.