Due giorni dopo la strage di Barcellona, hai la possibilità di guardare all’accaduto con un occhio un poco più distaccato e meno emotivamente scosso. E ti rendi sempre più conto dell’assurdità di quanto avvento, della violenza folle e assassina che si è riversata su quegli inermi passanti che camminavano per la Ramblas, nel centro di Barcellona. Il passare del tempo non ti offre una giustificazione, una, seppur lontana, motivazione che possa legittimare un gesto tanto aberrante; non trovi parole per descrivere il dolore di chi, passeggiando mano nella mano con la compagna ed i figli, si è visto travolto dalla corsa omicida di un furgone che lo ha strappato all’amore dei suoi cari. Il dolore è sempre qualcosa di visceralmente inaccettabile, ma il dolore gratuito, insensato ed innocente pare essere, se possibile, ancora più lacerante.
Anche perché queste poche ore passate dalla tragedia, ti costringono a “sgranare” il numero delle vittime, a superare il puro valore numerico e a riconoscerne la crudele dimensione personale. Vieni quindi a conoscenza della straziante storia di Bruno, informatico di Legnano, morto sotto gli occhi della compagna e dei due figlioletti di 5 anni e sette mesi. E pensi a cosa potrà essere delle loro vite, improvvisamente costrette a passare dalla spensieratezza di giorni di vacanza alla cruda e fredda esperienza della morte e della assenza. O all’altrettanta penosa storia di Luca, venticinquenne ingegnere di Bassano del Grappa, una vita sfiorita prima ancora di sbocciare…. Quanti sogni, progetti, legami, successi infranti e che mai si potranno realizzare.
Sì, il tempo che passa non regala spiegazioni ma solamente rende ancora più crudelmente concreto quanto accaduto; dona un tocco di assurda realtà all’evento: mostra volti, storie, legami, sogni, speranze, persone che i freddi titoli dei notiziari, non possono, immediatamente, restituire.
E queste sono le storie delle vittime italiane delle quali i media ci hanno fornito qualche dettaglio: quante altre sofferenze sconosciute, quanti altre vittime innocenti sono state linciate su quella promenade? Quanti madri, padri, fratelli, mogli o fidanzate stanno ora piangendo un loro caro che non è più tra loro?
Il tempo che passa non rende, ahimè, un grande servizio per mitigare il dolore e attenuare la pena: superato lo shock, l’incredulità e lo spaesamento iniziali, ti ritrovi ora un peso di dolore muto e lacerante, sulle spalle; senti la preoccupazione per quanto sta accadendo; avverti il timore per la china che questa vicenda sta prendendo; e soprattutto sperimenti il panico di fronte ad una violenza di cui fatichi ad afferrare l’origine, lo scopo e la animalesca natura.