Ieri sera, chiacchierando con un amico, riflettevo su questa cosa: l’equilibrio della nostra vita, ossia quella situazione in cui le varie dimensioni della nostra esistenza convivono in modo armonioso, non è un obiettivo che si raggiunge in modo semplice e lineare, ma che richiede, talvolta, percorsi accidentati e complicati. Si giunge ad un equilibrio personale passando attraverso continui sbilanciamenti, eccessi, cadute e fallimenti. Nessuno fa centro immediatamente quando scocca la freccia della sua vita: una volta tira un po’ troppo in alto, sicché, corregge la mira e sposta l’obiettivo un po’ sotto, ma capita che sia troppo sotto… ecco quindi a dover nuovamente correggere il tiro…
Che ci piaccia o no funziona così: è un lungo percorso di avvicinamento al punto centrale che richiede concentrazione, pazienza, disponibilità a sbagliare e a riprovare.
Talvolta ci agitiamo quando ci accorgiamo che un nostro amico o una persona a cui vogliamo bene, cicca completamente il tiro: ci allarma la cosa, come se fosse un fallimento definitivo ed irreparabile. Dovremmo imparare invece a leggere quella “freccia andata a vuoto” come un tentativo, magari maldestro, di avvicinamento alla meta. È importante che egli, nonostante tutto, abbia lanciato il dardo… è un primo passo… il secondo sarà quello di prendere meglio la mira… ma senza quel primo e fallimentare tentativo temo che la freccia sarebbe rimasta triste triste nella faretra, come un tentativo inesplorato.
E’ solo dopo vari lanci che apprezzi la precisione che la persona sta maturando: la traiettoria è più precisa, il tiro più sicuro, la mano più ferma e concentrata. Tutto ciò tuttavia non è frutto del caso, ma conseguenza di quelle tante frecce che non hanno mai nemmeno colpito il bersaglio, di quelle andate a vuoto, di quelle che si sono incidentate direttamente sull’arco prima della partenza…
Aveva ragione William Blake: “La strada dell’eccesso porta al palazzo della saggezza”