piccola nota politica a margine

Oggi una piccola considerazione politica a margine. Solo per dire che bisognerebbe spiegare ai duellanti in campo per la presidenza del consiglio che, avendo, ahimè, in passato sostenuto un’intransigente difesa del sistema proporzionale, come unico capace di rappresentare gli interessi degli elettori, ora non si può pensare di imporre il proprio volere con un consenso che non supera per entrambi il 38% dei voti. Sistema proporzionale eguale accordi parlamentari.  Accordi parlamentari uguale nessuna elezione diretta del presidente del consiglio. Dalle mie parti si dice che non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca.

Ci si è dapprima (legittimamente) opposti ad una riforma costituzionale che, insieme alla legge elettorale, avrebbe previsto un vincitore certo alla sera delle elezioni, accettando di giocare in un sistema di proporzionalismo puro. Ed ora si pretende di imporre nomi e programmi con meno del 40% dei voti… surreale, no? Se si auspica un sistema proporzionale (come di fatto è nella sostanza quello attuale), si vince solo se si prende il 51% dei voti. Altrimenti ciccia. Devi scendere a patti, fare compromessi, cercare mediazioni e decenni di Prima Repubblica insegnano che in queste negoziazioni mica puoi immaginare di imporre il candidato, il programma e magari pure i ministri… mica siamo a Gardaland!

Forse, dopo un mese dalle elezioni, bisognerebbe uscire da questo euforico messaggio del “abbiamo vinto noi!”. In queste elezioni, che lo si voglia o no, qualcuno ha preso più voti e qualcuno meno ma, purtroppo (e come era ampiamente prevedibile) non ha vinto nessuno. Dico che era prevedibile perché mi pareva scontare che la sconfitta del referendum del 4 dicembre ci avrebbe spinto verso un ritorno al vecchio e sano proporzionale. Ora inutile stracciarsi le vesti. In un sistema proporzionale e con un bicameralismo perfetto, non c’è modo, con nessuna legge elettorale, di tirare fuori dalle elezioni un vincitore. In questa situazione di tripolarismo, ci ritroveremo sempre tre sconfitti: qualcuno con più voti, qualcuno con meno, ma nessuno autonomo nella guida del paese.

Io resto convinto che lo scopo delle elezioni sia dare una guida al Paese e non misurare i rapporti di forza tra i partiti politici. Ma so che questo è questione di “filosofia della politica” e che ci sono posizioni assai divergenti. In Francia, Stati Uniti, Inghilterra, solo per dirne alcuni, i vincitori delle elezioni governano con il consenso di un terzo dell’elettorato (negli USA forse addirittura meno) ma nessuno grida alla scandalo. Queste sono le regole.  Questi sistemi garantiscono governabilità a discapito di un po’ di rappresentanza… come negarlo? Ma il punto resta sempre quello: a cosa servono le elezioni? Se a stabilire la forza relativa di ciascun partito, ci si prepari a lunghe negoziazioni, perché a quello la legge elettorale ci si conduce. Se invece è fare decidere alla maggioranza dei cittadini da chi vogliono essere governati, beh allora occorre cambiare rotta.


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