“«Non capisco perché non state gioendo anche voi», chiedeva il ministro della Giustizia Bonafede, rivolgendosi ai cronisti, l’altra notte sotto il balcone di Palazzo Chigi. Si può forse non gioire all’idea che si possa sconfiggere la povertà? Viviamo in un tempo di iperboli e domande retoriche, che vanno alla ricerca di consenso facile e istantaneo. Si rinuncia all’analisi e a ragionare sulle conseguenze, tanto che il premier Conte può dire «i mercati capiranno» mentre la Borsa crolla e lo spread vola.
Sia ben chiaro, ogni politica che possa combattere esclusione e disuguaglianze è benedetta, ma qui c’è poco da gioire perché si vedono solo scelte di assistenzialismo a tempo che non costruiscono nessun futuro, anzi lo ipotecano.
È come se ci fossimo rassegnati all’idea che non ci sarà nuovo lavoro e per questo ci rifugiamo nei sussidi.
Il proverbio cinese “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita” è passato di moda, forse perché sono scomparsi i maestri, forse perché è terminata la speranza, insieme alla capacità di fare fatica.
Giovedì sera ho provato disagio e imbarazzo di fronte alla festa sul balcone di Palazzo Chigi organizzata da Di Maio, con i parlamentari ridotti a pubblico festante. Non solo per antiche e inquietanti suggestioni ma perché ci ha messi di fronte a un partito che è convinto di avere sempre ragione, che vuole espropriare ogni spazio, anche quello di un luogo che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini.
E poi come non vedere la sproporzione tra la gioia e il risultato. Non è stata varata la manovra, non è stata distribuita una sola pensione di cittadinanza, hanno appena presentato una previsione di budget. Siamo all’ennesima “giornata storica”, alla celebrazione di un grande successo, roba buona da spacciare quando ormai la memoria si azzera ogni mattina.”
Mario Calabresi, La Repubblica, 29 Ottobre 2018