un altro mondo è possibile

Viviamo tempi in cui all’orizzonte si scorgono nuvole nere che avanzano, cariche di pioggia, di preoccupazioni, di ansie e pericoli. Attorno si intravedono segni crescenti di intolleranza, di aggressività, di violenza, di prevaricazione, astio, insofferenza. È così in Italia ma non è che le cose vadano molto diversamente nel resto dell’Europa. Sorge naturale la domanda: ma dove stiamo andando? Che futuro ci aspetta? Che speranza possiamo alimentare? Ci sono ragioni per investire nel domani?

Il rischio di questa visione delle cose – intendiamoci, assolutamente comprensibile e condivisibile – è che essa tende ad alimentare una cultura delle difesa, della protezione e talvolta persino dalla conservazione. Parrà strano ma si può essere conservatori anche nel cercare il bene, nel promuovere il progresso, nel perseguire la solidarietà e la giustizia. Accade quando si guarda al mondo con gli occhi rivolti a ieri, quando ci si lamenta dei bei tempi che erano, dei valori perduti, delle convinzioni che si stanno affievolendo. In fondo si rischia di fare una battaglia da retrovia, di barricarsi dietro le proprie giuste convinzioni come baluardi di difesa, impauriti in trincee buone solo per non arretrare.

Si perde in questo senso il vigore del rilancio, la passione della proposta, l’energia per costruire il bene con coraggio, pazienza e determinazione. Significa guardare al futuro con preoccupazione ma anche con speranza, avendo il coraggio di investire nel domani e la capacità di dire parole nuove, usare nuovi linguaggi, incarnare nuove narrazioni.

Vedete, quando il “deserto” avanza, si possono adottare diverse strategia per fermare la desertificazione della cultura sociale e politica, per arginare il germe dell’odio e dell’egoismo. Si possono costruire barriere, alti muri che fermino la sabbia spostata dal vento, che rallentino quell’aridità del suolo che genera infertilità. Oppure si può fare altro: piantare nuovi arbusti, interrare nuovi alberi, far crescere la vegetazione perché non solo il deserto si fermi, ma perché nuova vita fiorisca.

Mi pare che spesso di fronte al male che avanza amiamo stare nelle retrovie per costruire argini, palizzate di difesa, barriere tagliafuoco, cordoni sanitari. Forse è il momento di iniziare una nuova semina, di gettare coraggiosamente e generosamente nuova semente, di uscire allo scoperto per prendere la parola, testimoniare nuovi valori e raccontare che un altro mondo è possibile.


Lascia un commento