Qui la rosa…

Difficile restituire a parole cosa significhi assistere ad un concerto di Giovanni Allevi, vivere quella particolare esperienza di ascolto, dialogo, comunicazione e condivisione che si accende quando l’artista inizia a muovere le dita, ancora un poco tremanti per la malattia, sui tasti bianchi e neri del pianoforte. È chiaro da subito che non è solo musica, non sono solo note e nemmeno solo parole: quanto accade si offre come un misterioso insieme di melodie, esperienze dette e narrate, di gesti e di movimenti, di storia personale e collettiva, di risonanze emotive ed esistenziali, di parole e note scambiate nella profondità dei vissuti, in quell’angolo recondito dell’anima dove la comunicazione segue strategie non sempre comprensibili e razionali.

Il concerto assume da subito il tono della festa, della celebrazione della vita, della confidenza intima, della danza esuberante, del grido, talvolta rabbioso altre volte gioioso, alla vita nelle sue mille ed indecifrabili manifestazioni. Forse il segreto è che più l’esecuzione di brani, il concerto si configura come un incontro con Giovanni, con la sua umanità così straordinaria e segnata dal dolore. Il pianoforte e le melodie sono gli strumenti di questo racconto, la parole che servono all’artista per esprimere se stesso e la sua vicenda. È il mondo interiore di Allevi, la sua particolare sensibilità, il suo modo originale di guardare alle cose il vero protagonista di quanto accade; sono le fragilità, mai ostentante ma mai nascoste dell’uomo, le sue ferite portate con orgoglio, le sue percettibili imperfezioni nella esecuzione che rendono lo spettacolo un miracolo di rara bellezza.

Ti accorgi che in fondo non importa la precisione stilistica né la perfezione tecnica né tanto meno l’aderenza a canoni prestabiliti: dalle parole e dalle note che prendono vita nel teatro, è l’intesa con l’artista quello che davvero conta, il suo dirsi e il suo lasciar intendere, la parole dette e quelle sottintese, quelle sussurrate e quelle gridate.

In uno dei primissimi brani suonati, Allevi accenna ad una frase di Hegel nei “Lineamenti della Filosofia del Diritto”: “Qui è la rosa, qui danza”, a sua volta citazione di Esopo. È proprio così: di fronte alla meraviglia del presente, al miracolo di quanto accade, allo splendore di una rosa che profuma, non si può che danzare, ora, qui, adesso. È quello che Allevi testimonia anche nella sua vita dopo la lunga e non ancora conclusa malattia: c’è un’esistenza da celebrare, un musica su cui danzare, un movimento irrefrenabile della Vita che ci inonda e ci seduce.


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