perchè non voterò no

Semplificando molto le cose mi pare che esistano sostanzialmente due posizioni a sostegno del NO al referendum costituzionale.

Da una parte c’è chi vota NO a prescindere: c’è chi la legge costituzionale l’ha votata in parlamento (e più di una volta) e poi adesso ha cambiato idea (a seguito di fatti che con la riforma non hanno nulla a che spartire) ; c’è chi, indipendentemente da quanto c’è scritto, non vede l’ora di sparare su Renzi e la tornata elettorale si offre come una ghiottissima occasione; c’è chi il NO è una filosofia di vita, una modo di stare al mondo; c’è chi infine vive una così forte spinta ideale che ogni tentativo di mediazione diventa un cedimento, una resa, un tentativo di tradire valori e idee. Penso che con queste persone, ci siano ben pochi argomenti da mettere sul tavolo. La loro scelta l’hanno legittimamente fatta e non resta che rispettarla.

C’è invece un’altra parte a sostegno del NO che trovo più stimolante e intellettualmente provocante.  È emersa ai miei occhi in maniera plastica durante il confronto in TV tra Renzi e Zagrebelsky. Sono coloro che oppongono il NO in nome di una diversa visione della democrazia e dei rapporti di forza che si devono instaurare in una dialettica parlamentare. Arturo Parisi ha definito così queste due visioni delle cose: da una parte l’idea di una “democrazia consociativa” e dall’altra una “democrazia dell’alternanza”… magari è un po’ approssimativo ma rende l’idea.

Ascoltando le argomentazioni Zagrebelsky, assolutamente nobili e comprensibili, era evidente che il conflitto nasceva non da interessi personali, da beghe di bottega o da biechi calcoli politici, bensì da due modi radicalmente differenti (spero conciliabili) di intendere il processo decisionale in un sistema democratico. Al di là di dettagli, pur importanti, mi pare questa la posta davvero in gioco. Come deve funzionare una democrazia, che ruolo devono avere le opposizioni, come devono essere negoziate decisioni e scelte. Nella idea di Zagrebelsky si evince un modello che prevede una sostanziale co-gestione del potere: chi governa è chiamato ad una continua trattativa in quanto alle opposizioni è garantito (sostanzialmente) il diritto di veto sulle scelte che riguardano il bene comune. Le elezioni non servono (e questo Zagrebelsky lo ha detto molto chiaramente) a decidere chi vince e chi perde ma a misurare il peso di ciascuno parte politica ed il grado di influenza che essa avrà in parlamento. Mi pare evidente che questo modello di democrazia è frutto di un periodo storico (quello del dopo-guerra) nel quale, per una tutela della stessa democrazia, a nessun partito era riconosciuto il diritto di governare in autonomia ma la via della mediazione e della trattativa era una strada obbligata ed indicata dallo stesso modello costituzionale.

A questo modello si contrappone un altro che, con la stessa legittimità, sostiene: chi vince governa, nel rispetto della costituzione e dello status delle opposizioni. Ma si assume il diritto ed il dovere di prendere scelte, di indicare la direzione di marcia, di incidere sui rapporti sociali e sul modello di sviluppo. Nessuna delegain bianco ma il riconoscimento del legittimo esercizio del potere. Alle successive elezioni sarà chiamato a rispondere delle scelte fatte e a rendere conto al proprio elettorato e a tutto il Paese di quanto realizzato.

Certo riconosco che questo modello si offre a possibili rischi, ma anche il precedente non è esente:  se è vero che questa opzione rinforza l’idea di una visione un po’ “energica” della democrazia, è anche vero che la democrazia muore quando diventa indecisione, perenne rinvio delle soluzioni dei problemi, appare come qualcosa di inefficace e stretta tra lacci e lacciuoli. Il vero pericolo, secondo me, è quando la democrazia diventa sostanzialmente inutile perchè inconcludente.

Pur riconoscendo (ed in certa misura apprezzando) le ragioni del secondo gruppo, il mio no al NO è proprio in nome di questa idea di democrazia che non mi convince e che, secondo me, si è dimostrata inadatta a gestire i cambiamenti.

Lascio ad un prossimo post le ragioni del perché voterò SI

ti potrebbe interessare anche perchè voto SI


3 risposte a "perchè non voterò no"

  1. Bravo Marco. Condivido la tua riflessione che sicuramente va ben oltre la superficialità del dibattito cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, soprattutto da parte di certi sostenitori del no.

    "Mi piace"

  2. Marco, come avevi previsto non posso esimermi dal commentare.
    Intanto dal tuo elenco delle persone che voteranno NO, hai dimenticato quelle che stanno facendo il possibile per studiare, informarsi, confrontarsi sul merito della nuova riforma. Quelli che sono un pò allergici agli slogan e che badano alla sostanza. Per carità ognuno lo fa con gli strumenti che ha e che riesce a mettere in campo, ma questo vale anche per quelli (e ti assicuro che ne sto incontrando veramente pochi…) che intendono approfondire per motivare un pieno e convinto SI.
    A parte questa dimenticanza, nella tua disamina delle diverse posizioni emerse dal confronto televisivo tra Renzi e Zagrebelsky secondo me sei andato un pò fuori tema. La “visione della democrazia e dei rapporti di forza che si devono instaurare in una dialettica parlamentare” è materia di legge elettorale e non di Legge Costituzionale. Con la legge elettorale si determinano i rapporti di forza all’interno dell’istituzione che si elegge. La Costituzione invece regola i rapporti tra le varie istituzioni prevedendo pesi e contrappesi che nella mente dei padri costituenti, che avevano redatto la versione del ’48, erano a garanzia nell’evitare una qualsiasi deriva autoritaria i cui effetti erano all’epoca ben conosciuti. Il cosiddetto “Italicum”, già legge dello stato, è stata disegnata per consentire a chi vince (in alcuni scenari anche con un 20% di reale consenso popolare….) di governare con una sicura e larga maggioranza parlamentare. Questo vale con questa Costituzione e con l’eventuale riforma in caso vincesse il SI. L’unica differenza è che se vincesse il NO, come io spero, ci sarebbe il problema che il Senato verrebbe eletto con una legge diversa. Ma direi che questa è una colpa di chi ha disegnato la nuova riforma: potevano intervenire su poche cose (come l’eliminazione del Senato tout-court e la ridistribuzione delle competenza previste dal Titolo V, per esempio…) e non fare un’accozzaglia di tante cose fatte male e poche fatte benino.
    Detto questo, butto li una delle ragioni per cui io voto NO. Nella attuale proposta di riforma, all’art. 117 si dice che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali”. Ora, tutti all’unisono, compreso Renzi, negli ultimi tempi cominciano a puntare i piedi contro una politica dell’Unione europea che sta di fatto affossando la nostra economia al grido di “austerità e rigore”. Non parliamo poi degli attentati al diritto del lavoro sempre dettati dall’Europa!!! Ma questo è un altro discorso da affrontare in un altro post. Per ritornare al nuovo art. 117, di fatto scriviamo in Costituzione, senza via di scampo, che possiamo fare le leggi ma mai andare contro l’Unione. Giusto per farti un esempio di questi giorni, la Germania è stata chiamata dal Parlamento Europeo per una violazione degli accordi dell’Unione che prevedono un limite al disavanzo della bilancia commerciale (ovvero esportano più di quanto importano per un importo che va oltre i limiti consentiti). Il buon ministro delle finanze tedesco Shouble ha risposto a muso duro dicendo alla commissione di andare a guardare i bilanci di altri paesi e, di fatto, di non rompere le scatole. Con la modifica dell’art 117 un comportamento del genere da parte dell’Italia sarebbe incostituzionale!!!!
    E oltre questa ce ne sarebbero di cose fatte male, ma aspetto con ansia le tue motivazioni per il SI!!

    "Mi piace"

  3. Anche io non voterò NO.
    Ed aggiungo che, se potessi farlo, mi rimangerei il NO alla riforma Berlusconiana di qualche anno fa; non mi piaceva ma (forse) ne avremmo avuto bisogno.
    Sarebbe stata una scossa ad un Paese che non vuole cambiare e che cercando sempre la “perfezione” rimane viziosamente e maledettamente ancorato al passato.
    Passato che, con la bocciatura della riforma, tornerebbe a riproporre il proporzionale. Questo mi preoccupa davvero non la vittoria del SI o del NO.
    Non voterò NO perché anche se migliorabile, perfettibile e magari anche scritta male non credo produca più conflitti della riforma del Titolo V di D’Alemiana memoria (quella però era scritta bene!).
    In ultimo non voterò NO (e questa è di pancia piena!) perché da fondatore (c’era anche Mauro) del Comitato per l’Italia che Vogliamo del Lodigiano (poi Comitati Prodi e poi l’Ulivo) vorrei vedere D’Alema nella sua vigna e non a pontificare di quello che avrebbe potuto fare ma non ha fatto.

    Una sola nota in merito a quanto riportato da Leonardo.
    Il passaggio riportato dell’art. 117 della riforma è praticamente identico a quello nella Costituzione vigente.
    Nel testo della riforma viene sono modificato il termine “…ordinamento Comunitario…” con “…Ordinamento dell’Unione Europea…”

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a Leonardo Cancella risposta