Amo osservare la gente; amo i posti affollati nei quali posso starmene un po’ in disparte a guardare, ascoltare i passanti, ammirando quanto mi sta attorno. Parrà strano ma sono i posti migliori per scrivere.
Scrivere in mezzo alla folla che passa, che cammina, corre, parla, si guarda in giro; in mezzo alle auto che ti passano accanto e suonano o frenano; in mezzo a questo vociare continuo e ininterrotto è per me un modo per sentire con intensità il vigore della vita che mi scorre accanto.
Ma il foglio di carta bianche è come se mettesse un limite a quel flusso di gente, come si istituisce un confine tra loro e te: te ne senti parte, senza sentirti travolto. Scrivere in mezzo alla folla, osservando la gente, ti regala questa sensazione: godere della compagnia degli altri, partecipare alle loro vite, senza però perdere il senso della propria interiorità e del proprio essere unico ed irripetibile.
Lo scrivere sa tenere in precaria tensione, come in un equilibrio instabile, queste due cose: stare con gli altri e stare con sé stessi, sentirsi parte del tutto senza smarrire la percezione della propria individualità.
È solo così che la folla smette di farmi paura, cessa di essere un flusso umano che spaventa ed intimorisce. È solo quando la gente mi cammina accanto senza farmi sentire calpestato o strattonato che apprezzo il mio stare nella folla in solitaria compagnia.