È stato un matrimonio in piena regola, con tanto di abito bianco, fiori, invitati, promesse, scambio degli anelli e amici e parenti commossi. Con un’unica particolarità: mancava lo sposo! Sì, perché Laura, quarantenne di Lissone e istruttrice di fitness è stata la prima sposa single di Italia. «Avevo detto a parenti e amici che se entro il quarantesimo compleanno non avessi trovato la mia anima gemella mi sarei sposata da sola. Credo fermamente che ciascuno di noi debba innanzitutto amare se stesso. Si può vivere una fiaba anche senza il principe azzurro. Se un domani troverò un uomo con cui progettare un futuro ne sarò felice, ma la mia felicità non dipenderà da lui» racconta Laura. Tutto è stato preparato alla perfezione, compreso un tradizionale pranzo nuziale con taglio della torta, lancio del bouquet, danze e balli. Non è mancato anche un viaggio di nozze (da sola evidentemente) a Marsa Alam. Racconta la neo sposa: «Ho promesso di amarmi per tutta la vita e di accogliere i figli che la natura vorrà donarmi».
Una romantica storia di amore in salsa postmoderna? Può essere… A me Laura pare essere, certo involontariamente, un’icona dei nostri tempi.
Il buon vecchio Sartre sosteneva che l’inferno sono gli altri; temo che anche questa sua cinica considerazione sia passata di moda. La repulsione per gli altri è comunque indice di un legame, di una affezione, certo negativa, ma comunque presente. I nostri sono i tempi dell’indifferenza, dell’apatia, dell’irrilevanza dell’altro. L’altro non mi è nemico, mi è semplicemente ininfluente e superfluo; la mia felicità non dipende da lui, dalla sua presenza, dal legame che ci unisce. In fondo io basto a me stesso, la mia felicità mi appartiene come un bene privato ed esclusivo.
È solo in questo scenario esistenziale che il matrimonio, da secoli celebrato come evento di comunione e dono, può diventare la festa narcisistica del sé, celebrato ed onorato come un totem moderno.
Questo mio articolo è stata pubblicato su Il Cittadino del 11 ottobre 2017 nell’inserto Dialogo