“La vita come tale, come evento di natura, come vita animale, si aggrappa alla vita; la vita vuole vivere. La vita è volontà di vita, volontà di ripetizione di se stessa. Non c’è alcuna differenza, da questo punto di vista, quando si osservano un bambino e un gattino succhiare il seno e la mammella della propria madre. La vita è fame di vita, spinta di sopravvivenza, spinta autoaffermativa di se stessa. La vita vuole la vita.
Cosa deve accadere perché la vita si umanizza? Per Lacan il luogo primario della umanizzazione della vita è quello del grido. Siamo tutti dei gridi perduti nella notte. Ma cos’è un grido? Nell’umano esprime l’esigenza della vita di entrare nell’ordine del senso, esprime la vita come appello rivolto all’Altro. Il grido cerca nella solitudine della notte una risposta nell’Altro. In questo senso ancora prima di imparare a pregare e ancora di più nel tempo in cui pregare non è più come respirare, noi siamo una preghiera rivolta all’Altro.
La vita può entrare nell’ordine del senso solo se il grido viene raccolto dall’Altro, dalla sua presenza e dal suo ascolto. Solo se l’ Altro risponde alla nostra preghiera. Se viene tradotto da questa presenza in un appello. Ecco l’evento primario in cui la vita si umanizza: quando il grido è tradotto in una forma radicale di domanda; quando il grido diventa domanda d’amore, domanda non di qualcosa, non di oggetto, ma di segno del desiderio dell’Altro, domanda della presenza presente dell’Altro.”
(Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco)