Nessuno dubita che Mario Draghi sia una risorsa preziosissima per il nostro Paese e che abbia dato prova di grande capacità nel guidare la Banca Centrale Europea, in un momento difficilissimo per moneta unica. Nessuno mette in dubbio tutto questo.
E tuttavia la sua “chiamata alle armi”, benché accolta da generale plauso ed apprezzamento, segna, dal mio punto di vista, una evidente sconfitta della classe politica italiana, che, anche in questo frangente, si è mostrata davvero piccola piccola. Piccola piccola nella visione del Paese, nel senso di responsabilità verso il bene comune, nel mettere al centro l’interesse di tutti invece del proprio tornaconto personale; piccola piccola perché ancora incapace di sintonizzarsi con il mood del paese, con le sue esigenze reali, con la situazione difficile che molte famiglie stanno attraversando.
È fastidioso (e doloroso) assistere ad uno spettacolo che va in scena con un copione talmente assurdo che nessuno riesce a cogliere un senso compiuto; è una tragedia che si sviluppa in base ad aspirazioni personali, appetiti di potere, visibilità pubblica che, diciamolo, sono ormai diventati “disruptive”, direbbero gli inglesi, distruttivi, negativi e disfunzionali.
Come è possibile che, anche di fronte alla più grande crisi che il nostro Paese abbia dovuto affrontare dopo l’ultimo conflitto mondiale, non si sia trovato un accordo per fare quello che serve per questa nazione? Come è possibile che anche quando la nave sta imbarcando acqua, non ci sia un sussulto di generosità e di responsabilità per lavorare tutti nella stessa direzione, per lo stesso fine, condividendo il medesimo traguardo?
E così, per l’ennesima volta nella storia recente di questo paese, ci troviamo costretti ad affidare le sorti del nostro destino collettivo nella mani del “competente” di turno, pur bravo, pur riconosciuto, pur prestigioso, ma che non è espressione della nostra classe politica. Come se, di fronte a sfide difficili, alla politica non restasse che subappaltare a terzi le proprie responsabilità e delegare ai tecnici la soluzione dei problemi.
Mi fa sorridere questa cosa: lascia intendere che esistano scelte “tecniche” neutre, buone per tutto e per tutti. Il fatto è che ogni scelta è, per sua natura, intrinsecamente “politica”. Scelte “tecniche” non ne esistono: nessuna decisione, seppur minima, è neutra ed indifferente. E così, come Paese, ci troviamo a prendere decisioni senza dichiararne la natura, i valori ispiratori ed il rispetto e la compatibilità con le priorità definite. Ci illudiamo che sia possibile costruire un futuro neutro, a prescindere dalla responsabilità e dalla libertà politica.
Non è così e onestamente mi stupisce che dopo tutte le ultime esperienza non ce ne siamo ancora accorti.