Sto per scrivere il post di oggi quando un’amica mi condivide un piccolo racconto scritto su Facebook da Marta. Marta sta attraversando un periodo davvero duro, uno di quelli che ti domandi cosa ci fai al mondo, tanto per intenderci. Ebbene, il fatto che Marta scriva certe cose è per me di enorme consolazione: le sue parole giungono come una piccola ma preziosa speranza, il segno di una luce che, anche se a fatica, non rinuncia a brillare nella più oscura delle notti. Grazie Marta!
“Sono sul tram, sguardo un po’ stanco e assorto dopo una giornata di lavoro, si ferma davanti a me una signora e comincia a parlarmi in mezzo alla calca di persone piene di pacchetti dopo una normalissima domenica milanese, di shopping sfrenato, in vista dell’imminente Natale. Devo ammettere che non avevo molta voglia di conversare, ma basta uno sguardo e capisco che lei ne ha proprio bisogno.
Cominciamo a chiacchierare o meglio lei si sfoga come un fiume in piena sul periodo vita difficile che sta attraversando: sul ciclo di chemioterapia che ha iniziato, sui capelli ricci e neri persi, che magari ricresceranno anche, ma che in primavera al nuovo ciclo di chemio saranno da rimpiangere di nuovo, dell’ex compagno malato di cui si è presa cura, della perdita del padre. Mi regala e consegna una storia di dolore puro e io all’inizio ascolto soltanto.
Poi, quasi come se non fossi io, dico ad alta voce “Sa, sarà un Natale diverso e doloroso anche per me, ho perso mio padre da poco”. Non so perché lo sto dicendo, a questa signora sconosciuta, che non vuole sedersi nonostante le offra il posto, perché tanto “scendo alla prossima”, dentro il tram 9, di una domenica pomeriggio, a Milano. Ma lo dico e mi sento un pelo più leggera, anche se improvvisamente voglio piangere. Ancora una fermata e sarà Porta Venezia, il tempo per parlare rimane poco, ho scoperto che la signora è nonna, ha dei nipoti, la saluto e le dico:
“Festeggi con loro e per loro e si faccia questo regalo: si regali un po’ di tempo per sé stessa”, Sorride, un sorriso stanco e debole, ma un sorriso, “sì, hai ragione, un po’ di tempo per me stessa…grazie cara auguri!”
“Auguri a lei, in bocca al lupo per tutto!”
“E facciamolo anche schiattare questo c***o di lupo!”
Il tempo di una mezza risata condivisa, lei è il suo accento del sud se ne vanno, la sua testa pelata senza nemmeno un capello sparisce di nuovo sotto la cuffia pronta per affrontare il freddo e la vita. Ci siamo fatte un regalo grande senza volerlo io e questa signora sconosciuta e penso a quanto grandi siano questi regali e quanta poca importanza ne abbiano tanti altri.
Il dolore riscrive sempre la scaletta della priorità, lo sto imparando ogni giorno, da due anni ormai…per cui, senza voler salire sulla cattedra e senza voler assumere la veste di professorina pronta a impartire lezioni di vita, il consiglio spassionato che mi sento di rivolgere a tutti coloro che abbiano ricevuto la fatidica domanda “Cosa vuoi per Natale?” è : chiedete un pomeriggio di the e chiacchiere alla vostra migliore amica, chiedete ai vostri nonni un racconto del loro passato, chiedete ai vostri genitori una giornata diversa da trascorrere insieme, chiedete ai vostri fratelli e sorelle un giro in macchina, senza una meta precisa, in cui cantare a squarciagola le vostre canzoni preferite selezionate su un’apposita playlist, chiedete al vostro ragazzo o ragazza un tramonto da guardare, senza dirsi tanto, ma baciandosi molto.
Chiedete e regalate momenti, perché saranno sempre troppo pochi e perché varranno più di qualsiasi regalo materiale. E date, regalate, che regalare è il miglior modo per ricevere. Così, davvero, sarà un “Buon Natale!”.”
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