25 aprile: festa di quale resistenza?

25 aprile 2021, anche quest’anno festa della liberazione, festa di un evento della storia ma festa anche di un impegno che appartiene ad ogni uomo in ogni tempo. La liberazione non è uno stato ma un movimento, una dinamica, una meta da raggiungere, un bene da custodire e da rinnovare.

Ci sono tante storie che in questo giorno si incrociano e si richiamano, come diversi riverberi di un unico diamante, come inquadrature di una medesima scena, ingredienti di una stessa ricetta antica e sempre nuova.

Ci sono i molti giovani degli anni ’40, che con coraggio e senso del dovere, hanno liberato questa paese dal nazi-fascismo. Penso a Domenico e Rosolino di cui ho già raccontato: due giovani lodigiani, trucidati nel cuore della giovinezza, in un tratto di strada che tutti percorriamo abitualmente e di cui qualche anima buona conserva la memoria e l’onore.

Ci sono gli eroi moderni che, con camice e mascherina, combattono la loro guerra di liberazione dal virus, una guerra subdola e infingarda, in cui il nemico non si presenta mai a viso aperto ma si annida tra le membra ammalate e deboli dei nostri anziani e dei nostri cari.

C’è poi la storia, forse finita in qualche pagina nascosta di giornale, di Nadia, volontaria laica dell’associazione “Operazione Mato Grosso”, che dal 1995 si occupava della gestione di sei asili e una scuola elementare di una baraccopoli a Nuevo Chimbote, sulla costa centro-settentrionale del Perù. L’altra notte, forse nel tentativo di una rapina, Nadia, originaria di Vicenza, è stata gravemente ferita e nella notte ha terminato la sua battaglia. Anche Nadia era una combattente per la libertà, impegnata in un guerra di liberazione che passa attraverso l’istruzione, la promozione umana e sociale.

E poi, in questo strano 25 aprile di pandemia, ci sono quei centocinquanta disperati, morti affogati nel mediterraneo, dimenticati da tutti, dai governi, dall’Europa, da chi doveva soccorrerli e chi aveva il compito di presidiare quel pezzo di mare. Una strage annunciata, ampiamente predetta ma non per questo evitata. C’è una lotta di liberazione dalla disperazione anche in coloro che lasciano le loro case per cercare un futuro altrove: non un futuro buono e ricco, ma semplicemente un futuro, un possibilità, un avvenire, una speranza. Così come c’è la battaglia di coloro che prestano soccorso, che si prendono cura, che cercano di liberare dal destino mortale alcuni fratelli venuti dall’altra parte del mondo.

Che 25 aprile è quello di quest’anno? Un festa di vittoria e di sconfitta, un giorno in cui celebrare i successi ma anche in cui vergognarsi per le vili sconfitte. È un 25 aprile di lotta, ieri come oggi; un giorno di coraggio, di speranza, di audacia, in cui ciascuno di noi è chiamato a non fuggire da quella lieve o profonda trincea in cui la vita lo ha posto.


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